Una tipologia di contratto relativamente recente che permette di assicurare la continuità aziendale e il passaggio generazionale. Un approfondimento.
Il patto di famiglia è stato introdotto nell’ordinamento italiano con la legge 55/2006, che definisce il patto di famiglia come:
“Il contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l’imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti”.
Il patto di famiglia è un contratto tra persone in vita che disciplina l’immediato trasferimento dell’impresa familiare. Permette quindi all’imprenditore di gestire il passaggio generazionale in azienda evitando possibili criticità in sede di eredità.
Questo strumento giuridico trova applicazione ideale in Italia, dove il tessuto produttivo è caratterizzato dalla presenza di piccole e medie imprese (ma non solo, basti pensare ai colossi del settore alimentare) a carattere familiare.
Il patto di famiglia permette quindi di assicurare la continuità dell’impresa mantenendo allo stesso tempo l’armonia all’interno del clan.
I soggetti del patto di famiglia
Dal punto di vista normativo, il contratto prevede la partecipazione del disponente, del beneficiario, del coniuge del disponente e di tutti i titolari di diritti legittimi al momento dell’apertura della successione.
Il beneficiario/i sono tenuti a liquidare tutti i partecipanti al contratto. Questi possono però rinunciarvi in tutto o in parte mediante il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote.
I beni oggetto del patto di famiglia possono comprendere beni materiali come stabilimenti, uffici, immobili e terreni e beni immateriali come brand, marchi, brevetti e crediti.
È importante sottolineare che nuovi soggetti possono diventare titolari di diritti legittimi in seguito all’apertura della successione dell’imprenditore. Per esempio il nuovo coniuge del disponente, vedovo o celibe, oppure figli nati da una nuova relazione. In questo caso, i nuovi soggetti avranno diritto al pagamento di una somma, che sarà pari al valore della loro quota di legittima.
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